Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
[39]
Stupida e ſiſſa nella incerta ſabbia:
Coi capelli diſciolti e rabuffati:
Co le man giunte: e con l’immote labbia
I languidi occhi al ciel tenea leuati:
Come accuſando il gra motor che l’habbia
Tutti inclinati nel ſuo dano i fati,
Immota, e eòe attonita, ſte aleuto
Poi ſciolſe al duol la ligua, e gliocchi al piato
[40]
Dicea fortuna che piú a far ti reſta
Accio di me ti fatii e ti disfami ?
Che dar ti poſſo nomai piú ? ſé non qſta
Mifera vita? ma tu non la brami:
C hora a trarla del mar fei ſtata preſta
Quando potea ſinir ſuoi giorni grami,
Perche ti parue di voler piú anchora
Vedermi tormetar prima ch’io muora.
[41]
Ma che mi poſſi nuocere non veggio
Piú di quel che ſin qui nociuto m’hai,
Per te cacciata ſon del Real ſeggio,
Doue piti ritornar non ſpero mai,
Ho perduto l’honor: ch’e ſtato peggio
Che ſé ben con effetto io non peccai:
Io do perho materia, ch’ognun dica,
Ch’eſſendo vagabonda io ſia impudica.
[42]
C hauer può dona al mòdo piú di buono
A cui la caſtita leuata ſia?
Mi nuoce (ahimè) ch’io so gioitane e ſono
Tenuta bella, o ſia vero, o bugia,
Giá no ringratio il ciel di queſto dono,
Che di qui naſce ogni ruina mia:
Morto per queſto ſu Argalia mio ſrate
Che poco gli giouar l’arme incantate.
[43]
Per queſto il Re di Tartaria Agricane
Disſece il genitor mio Galaphrone:
Ch’in India del Cataio era gran Cane:
Onde io ſon giunta a tal conditione,
Che muto albergo da ſera a dimane:
Se l’hauer ſé l’honor ſé le perſone
M’hai tolto, e fatto il mal ch far mi puoi:
A ch piú doglia ancho ſerbar mi vuoi?
[44]
Se l’affogarmi in mar morte non era
A tuo ſenno crudel: pur ch’io ti ſntii
Non recuſo che mandi alcuna ſera
Che mi diuori: e non mi tenga in ſtratii.
D’ogni martir che ſia: pur ch’io ne pera
Eſſer non può ch’assai non ti ringratii,
Coſi dicea la donna con gran pianto
Quando le apparue l’Eremita accanto.
[45]
Hauea mirato da l’eſtrema cima
D’un rileuato ſaſſo l’Eremita,
Angelica che giunta alla parte ima
E de lo ſcoglio, afflitta e sbigottita:
Era fei giorni egli venuto prima:
Ch’un Demonio il porto p via non trita
E venne a lei, ſingendo diuotione,
Quata haueſſe mai Paulo, o Hilarione.
[46]
Come la Donna il comincio a vedere
Preſe, non conoſcendolo conſorto,
E ceffo a poco a poco il ſuo temere,
Bèche ella haueſſe achora il viſo ſmorto:
Come ſu preſſo, diſſe miſerere
Padre di me: chi ſon giúta a mal porto,
E con voce interrotta dal fingulto
Gli diſſe quel ch’a lui non era occulto.