Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/103


 [24]
Ad ogni piccol moto ch’egli vdiua
     iSperado che foſſe ella il capo alzaua,
     Sentir credeaſi, e ſpeflò non ſentiua:
     Poi del ſuo errore accorto ſoſpiraua.
     Tal volta vſcia del letto, e l’uſcio apriua
     Guataua ſuori, e nulla vi trouaua,
     Et maledi ben mille volte- l’hora
     Che facea al trapaſſar tanta dimora.

 [25]
Tra ſé dicea ſouente, hor ſi parte ella,
     E cominciaua a nouerare i paſſi
     Ch’eſſer potean da la ſua ſtaza, a quella
     Donde allettando ſta che Alcina paſſi,
     E queſti & altri, prima che la bella
     Donna vi ſia, vani diſegni t’affi,
     Teme di qualche impedimento ſpeffo
     Che tra il ſrutto e la ma, nò gli ſia meſſo.

 [26]
Alcina poi ch’a pretiofí odori:
     Dopo gran ſpatio poſe alcuna meta.
     Venuto il tèpo, che piú non dimori,
     Hormai ch’in caſa era ogni coſa cheta,
     De la camera ſua ſola vſci ſuori,
     E tacita n’andò per via ſecreta,
     Doue a Ruggiero hauea timore e ſpeme
     GrA pezzo Storno al cor, pugnato iſieme

 [27]
Come ſi vide il ſucceſſor d’Aſtolfo
     Sopra apparir quelle ridenti ſtelle.
     Come habbia nele vene acceſo zolfo
     ;on pai che capir poſſa ne la pelle,
     Hor ſino a gliocchi ben nuota nel golſo
     De le delitie, e de le coſe belle,
     Salta del letto, e í braccio la raccoglie:
     Ne può tato aſpettar ch’ella ſi ſpoglie.

 [28]
Benché ne gonna ne faldiglia haueſſe:
     Che venne auolta i vn leggier zèdado:
     Che fopra vna camicia: ella ſi meſſe:
     Bianca e ſuttil: ne piú eſcellente grado,
     Come Ruggiero abbraccio lei: gli ceſſe
     Il manto: e reſto il vel ſuttile, e rado,
     Che non copria dinanzi ne di dietro
     Piú ch le roſe o i gigli vn chiaro vetro.

 [29]
Nò coſi ſtrettamente Mederá preme
     Piata oue itorno abbarbicata s’ habbia,
     Come ſi ſtringon li dui amanti inſicine:
     Cogliendo de lo ſpirto in ſu le labbia
     Suaue fior: qual non produce ſeme
     Indo o ſabeo nel’odorata ſabbia,
     Del gra piacer e’ hauean: lor dicer tocca
     Ch ſpeffo hauea piú d’una ligua I bocca

 [30]
< oſe la dentro eran ſecrete:
     O ſé pur non ſecrete almen taciute.
     Che raro ſu tener le labra chete
     Bi iſmo ad alcun, ma ben ſpeffo virtute,
     Tutte proferte: & accoglienze liete
     Fanno a Ruggier quelle perſone aſtute
     Ognun lo reuerifee, e ſé gli inchina:
     Che coſi vuol l’innamorata Alcina.

 [31]
Non e diletto alcun’ che di ſuor reſte:
     Che tutti ſon ne l’amorofa ſtanza,
     E due e tre volte il di mutano verte:
     Fatte hor’ ad vna: hora ad vn’ altra vſanza
     Speſſo in coititi: e ſempre ſtAno in feſte:
     In gioſtre, í lotte, i ſcene, I bagno, í dáza
     ll<ir pſſo ai ſonti, all’ombre de poggietti
     Leggon d’antiqui gliamoroſi detti.