Pagina:Ariosto-Op.minori.2-(1857).djvu/68

58 la cassaria.

dosso. Se all’orecchie del signore verrà simil querela, a che termine ti troverai? Patirai tu sentire inquirerti1 contra? chiamare tuo figliuolo in ringhiera? gridare in bando? Oltra questo, pensa che hai nome del più ricco uomo di questa terra: a quel che molti altri ripareriano con cento, tu non potrai ben riparare con mille: tu intendi.

Crisobolo.     Che ti par ch’io faccia?

Fulcio.     Questo ruffiano è povero e timido, come sono li pari suoi: se gli sarà la femmina pagata, lo farem tacere; perchè già Caridoro gli ha fatto intendere, che se vorrà litigar teco, non la farà bene, perchè hai danari da tenerlo tutta la vita sua in piato, e de’ parenti ed amici da farlo un dì pentire di averti dato noja.

Crisobolo.     Sai quanto se ne tenessi cara la femmina? o quel che n’abbia possuto avere?

Fulcio.     Mi fu già detto che un soldato valacco glie ne offerse cento saraffi, e dare non glie la volse; chè per meno di cento venti dicea che non la lascería mai.

Crisobolo.     Con minor prezzo s’avría uno armento di vacche. Cotesto saría ben troppo: io non ne vô far nulla: lamentisi, e faccia il peggio che puole.

Fulcio.     Mi par strano che più estimi questi pochi danari....

Crisobolo.     Pochi, eh?

Fulcio.     Che ’l tuo figliuolo, te medesimo, l’onor tuo. Io referirò dunque a Caridoro che non ne vuoi far nulla.

Crisobolo.     Non si potría con meno far tacere questo ruffiano?

Fulcio.     Si potería con uno cortello, che costería meno, e scannarlo.

Crisobolo.     Io non dico così. Cento venti saraffi è pur troppo prezzo.

Fulcio.     Forse lo farai star queto per cento; per quel medesimo che da gli altri n’ha possuto avere.

Crisobolo.     E non per meno?

Fulcio.     Che so io? vorrei in tuo servizio che lo potessi acquetare con nulla. S’io fussi Crisobolo, manderei súbito Erofilo con danari a trovare Caridoro: saremo tutti insieme


  1. Male le stampe antiche: inquirarti. Vedi il luogo corrispondente della Commedia in versi. Il verbo Inquirere (che tutti al certo preferiranno a Inquirire) fu, dopo l’Ariosto, tre volte usato da Camillo Porzio, nella Storia della congiura de’ Baroni, cioè a pag. 225 e 229 dell’edizione procurata dal Monzani (tip. Le Monnier) nel 1846.