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atto quarto. — sc. vii. | 45 |
Crisobolo. Menalo tu in casa, e dàgli qualche tabarro vecchio, chè non macchiasse la mia veste.
Volpino. Lasciane la cura a me.
Crisobolo. (Potrebbe essere anco altramente: sì, potrebbe in verità: non è da credere a questo Volpino ogni cosa, che non è però evangelista.) Non andare; aspetta, Volpino. Non ci disse il ruffiano che gli aveva data la cassa un mercatante? e non ce lo dipinse, se ben mi ricordo, vestito in questo modo proprio?
Volpino. Ti vuoi fondare in le ciance di quel ribaldo?
Crisobolo. Nè miglior terreno sei ancor tu, dove io mi fondi. Io farò, altramente. Rosso, Gallo, Marocchio, tenete costui, e legátemelo.
Volpino. Perchè così?
Crisobolo. Al Subasti1 vô mandarlo, chè con la corda provi se può guarirlo, sì che parli.
Volpino. Non so io s’egli è mutolo? Pur, se ti pare che finga, il menerò al ruffiano; e se sarà il mercatante di che dubiti, lo conoscerà di botto.
Crisobolo. Io non vô altro mezzo in questo. Spacciatevi, e se non avete altro, spiccate la fune del pozzo. Legagli le mani dietro, ma levagli, col malanno, prima la mia veste.
Trappola. Escusami, Volpino: fin che altro non ho sentito che parole, t’ho voluto servire...
Volpino. (Aimè!)
Trappola. Ma per te non voglio essere nè storpiato nè morto.
Crisobolo. O beata fune, anzi miracolosa, che sì ben risani i mutoli! Chi te la ponesse alla gola, Volpino, credi tu che ti sanasse del ghiotto? Or rispondimi tu: chi t’ha dato li miei panni?
Trappola. Tuo figliuolo e costui mi vestirno oggi così.
Crisobolo. A che effetto?
Trappola. Per mandarmi a pigliare una femmina di casa un ruffiano.
Crisobolo. Fusti tu quel che vi recasti la mia cassa?
Trappola. Con una cassa mi vi mandorno, che avessi a lasciarvi pegno, e così feci.
Crisobolo. A questo modo, Volpino, tu hai avuto auda-
- ↑ «Probabilmente (dice un moderno commentatore) era questi il bargello di Ferrara ai tempi del poeta.» Ma è da considerare, che la scena è supposta dall’autore in Metellino, e non in Ferrara.