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lettere. 533


Supplico, dunque, Vostra Signoria Reverendissima de volermi per Bolla dispensare ad tria incompatibilia, ed a quel più che ha autorità di fare, o ch’è in uso, ed a più dignitade, insieme con quelle ampie clausule che si pônno fare; et de non promovendo ad sacros ordines,1 per quel tempo che più si può concedere. Io son ben certo che in casa di Vostra Signoria Reverendissima è chi saprà far la Bolla molto più ampla che non so dimandare io.

L’arciprete di Santa Agata, presente esibitore, il quale ho in loco di patre, ed amo per li suoi meriti molto, venirà a Vostra Signoria per questo effetto.2 Esso tôrrà la cura di far fare la supplicazione di quello che io dimando. Supplico Vostra Signoria Reverendissima a farlo espedir gratis: la qual mi perdoni se io li parlo troppo arrogante; chè l’affezione e servitù mia verso quella, e la memoria che ho delle offerte fattemi da essa molte volte, mi darebbono ardire di domandarle molto maggior cose di queste (ancorchè queste a me parranno grandissime), e certitudine d’ottenerle da Vostra Signoría. Si ricordi che deditissimo servo le sono: alla quale umilmente mi raccomando.

Ferrariæ, xxv novembris MDXI.
D. V. Reverendissima

Deditissimus et humilis servus   
Ludovicus Ariostus Ferrariensis.


Fuori — Reverendissimo in Christo Patri et Domino
          D. meo col. D. Cardinali de Medicis,
               Bononiæ Legato dignissimo.


  1. Perciocchè, com’egli dice di se parlando nella Satira prima: «Io nè pianeta mai nè tonicella, Nè chierca vô che in capo mi si pona.» (v. 113-114).
  2. Si è già mostrato altrove come questa Lettera e la precitata Satira I possano a vicenda rischiararsi.

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