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522 | l’erbolato. |
uomini, assai maggiori di me, non sia avvenuta quando sono capitati in luoghi ove non sieno stati conosciuti.1
Ma acciò che la verità non resti dalla falsa opinione soffocata; e che un’altra volta, quando io tornarò in questa città, possiate conoscere, e dire a chi non avéa di me notizia, ch’io sia veridico e non mendace; ho pensato di lasciarvi una gemma, un tesoro, una ricchezza, che se voi amate la sanità, la salute2 e la vita vostra, vi debbe esser più cara che s’io donassi oggi a ciascuno di voi dieci mila scudi d’oro contanti. Che giova l’oro e l’argento a uno infermo? che giovano a uno morto i larghi campi e le fertilissime possessioni? La perpetua sanità e la vita lunga si può chiamare, ed è in effetto, vera ed incomparabile ricchezza. Di questo prezioso ed inestimabile dono vi voglio oggi arricchire tutti, donandovi in un picciolo vasetto, di forma picciola ma di valor grandissimo, quello eccellente medicamento, quello mirabil rimedio, che dal mio eccellentissimo precettore, e da me sempre con somma venerazione memorato, mi fu insegnato, e quasi per eredità lasciato: cioè da maestro Niccolò da Lunigo; quello sapientissimo vecchio, quella inesauribile arca di scienza. Dell’amore che sopra tutti gli altri suoi discepoli mi avea portato sempre, mi fece più volte chiaro segno ed evidentissima dimostrazione; ma più quando, pervenuto al fine della sua vita, a sè chiamòmmi e disse: — Antonio mio dilettissimo, il più certo segno che possa di benivolenza mostrare l’uno amico all’altro, mi pare che sia quando venendo a morte, se lo lascia della maggiore e migliore parte delle sua3 facultà erede. Io ti donarei volentieri a questo punto ciò ch’io mi trovo possedere al mondo; chè non mi parrebbe di poterlo meglio in altra persona collocare: ma, dall’una parte, vedendo che nè di terreno nè di case hai bisogno, come quello che con le tue virtù n’hai acquistato a bastanza, e, volendo, sei per acquistarne assai più che non posseggo io; dall’altra parte, parendomi che di tal cosa non potrei, senza mio grandissimo carico e biasimo, privare della loro legittima successione gli miei propinqui e stretti parenti; ti prego che tu sia contento ch’io
- ↑ Come avrebbe potuto ciò dire il Cittadini in Ferrara, dove già cinquantasei e quarantun’anno innanzi aveva pubblicamente professato non ci è detto se la medicina o le lettere?
- ↑ Sanità, per l’essere immune dai morbi; salute, per l’uscir salvo da’ pericoli a che quelli conducono.
- ↑ Il Barotti correggeva: sue.