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520 l’erbolato.

che, per suggestione d’alcuni invidi ed avari, è stata impressa nella mente della maggior parte degli uomini: e questa è, che i medici che si veggono ire ora in una terra ora in un’altra, e da questi luoghi eminenti farsi vedere in pubblico, sieno di poco prezzo, e più tosto venditori di ciance che facitori di alcuna utile opera; e che solo quelli che stanno fermi tuttavía in un luogo, sappino ed intendano il tutto.

Alla quale opinione rispondendo, io dico che se ’l medico il quale nelle scôle e nella pratica di una sola città si è fatto esperto e dotto, merita onor e credito, voi non mi dovreste negare, volendomi rispondere per la verità, che assai più onore e più credito debbe meritar quello che sia versato in diversi studi, e sia versato in tutte le scôle non pur d’Italia ma d’oltramonti1 ed oltramare, ed in qualunque altro luogo s’impari scienza; e discorrendo diverse province, e diverse nature e diversi costumi, abbia veduto tutte l’infermità che immaginare si possono, ed avútole in esperienza. Ch’io sia o non sia tale, l’opere, e non le parole mie, il dimostrino. Le quali opere se per altro tempo o in altro luogo m’hanno dato lode o biasimo, ne può Italia2 rendere testimonio, la santissima città di Roma, la potentissima Vinegia, il popoloso Milano, con molte altre città di Lombardia; tutto il regno di Napoli, con l’isola di Sicilia; e più di tutte l’altre, l’antichissima Mantova, la nobilissima città di Ferrara: nell’una delle quali, per le mirabili e frequenti cure fatte per me in essa, l’illustrissimo suo signor duca3 mi fece di sua casa, e mi donò di potere, io e la progenie mia, portar l’arme sue, che vedete dipinte qua su: nell’altra il sapientissimo ed invittissimo signor duca Alfonso,4 oltre gli altri doni di che son stato da sua eccellenza larghissimamente premiato, mi fece cavaliere a sproni d’oro, e mi donò titolo di conte, e volse ch’io togliessi in Ferrara grado di dottore dell’arti e di medicina in quello suo eccellente e famosissimo Collegio; come negli uni e negli altri miei privilegi si contiene amplissimamente. E partendomi da Ferrara per qualche giorno (imperò ch’io vi sono per ritor-


  1. Le stampe antiche, con assai probabile errore: oltramontani; che il Barotti emendava: oltramonte.
  2. Così tutte le stampe; ma forse è da correggersi e puntuarsi: ne può in Italia rendere testimonio la ec.
  3. Questa parola, alla quale non so se altri ponessero sin qui mente, dimostra che l’Erbolato non potè essere scritto prima del 1530, in cui Federigo Gonzaga, marchese quinto di Mantova, ebbe da Carlo V il titolo di duca.
  4. Alfonso I, duca terzo di Ferrara.