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atto quarto. — sc. ii. 39

l’aveva veduto; e gli venne volontà di cercare se fusse nella tua camera. Tolse la chiave, apre l’uscio, io gli vo dietro: nell’entrare fu primo tuo figliuolo, che s’avvide non v’era la cassa; a me si volta, e dice: — Volpino, ha mio padre, che tu sappi, restituita la cassa di Aristandro, che tanti giorni ha tenuto in diposito? — Lo guardo, e tutto resto attonito, e gli rispondo che no; e certo mi ricordo che, quando ti partisti, la vidi a capo al letto, ov’era solita di stare. In un tratto m’avveggio della sciocca astuzia del tuo Nebbia, che, tosto che s’ha veduto mancar la cassa, ha portato la chiave della camera ad Erofilo per farlo partecipe della colpa, che è tutta sua. Pigli tu, come io voglio inferire?

Crisobolo.     Intendo. Ah ribaldo! s’io vivo...

Volpino.     Fa il sciocco, ma è malizioso più che ’l diavolo: tu non lo conosci bene.1

Crisobolo.     Séguita.

Volpino.     Or, come io ti dico, patron mio caro, Erofilo ed io, veduto questo, esaminammo, e tra noi discorremmo chi la possa aver tolta. Io dimando il suo parere ad Erofilo, Erofilo a me dimanda il mio; che dovemo fare, che via tenere per venire a qualche notizia: consigliamo e masticamo un pezzo, se sapremmo2 finalmente ove ricorrere, dove battere il capo. O patron mio dolce, dopo ch’io nacqui non fui mai nel maggiore affanno, nel maggior travaglio mai. Io m’ho trovato oggi a tal ora così di mala voglia, così disperato, che disideravo e che avrei avuto di somma grazia d’esser morto, anzi di non essere mai nato. Ma ecco Critone col fratello Aristippo: io ti narrerò questa cosa più ad agio.

Crisobolo.     Non m’hai con tutte queste ciance produtto alcuno indizio che ’l ruffiano, più che altri, abbi avuta la mia cassa; nè so con che speranza di ritrovarla io debbi intrarli in casa.

Volpino.     Entrali sicuramente, e se non ve la trovi, impiccami, ch’io te ’l consento. S’io non avessi più che certezza, non ti direi che tu v’entrassi.



  1. Tutte queste parole nelle altre edizioni sono poste in bocca di Crisobolo: a noi è sembrato doverle restituire a Volpino, come richiede il senso, e come è nella Commedia in versi. — (Tortoli.)
  2. Così ha la stampa del Barotti, seguita ancora da altri; e pare da intendersi: consigliamo e mastichiamo (forse consigliammo e masticammo) se (colla forza del lat. si forte) finalmente sapremmo ec. Le vecchie edizioni, omettendo il se, pongono sapremo. Nella verseggiata si legge: «siamo in dubbio...; non sappiamo ove ricorrere, Non sappiamo ove volgerci, ec.»