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atto terzo. — sc. iii. | 459 |
Pur da dover, come suo padre e l’avolo!
Che volete voi dir per questo?
Eurialo. Voglioti
Dire, che non ti pensi fargli credere,
Com’hai fatto a Piston.
Accursio. Se sarà incredulo,
Vorrò che ce n’andiamo a San Domenico.1
Eurialo.E che faremo?
Accursio. Gli farò procedere
Contra, come a infedele e vero eretico,
Dal padre inquisitor.
Eurialo. Va, tu m’infracidi
Con queste tue sciocchezze. Per dio! lasciale
Da parte, e attendi a questo.
Accursio. Per dio! datevi
Buon tempo voi, e la fatica e il carico
Lasciate a me; ch’io tolgo a mio pericolo
E spese quanto mal ci può mai nascere.
Io voglio fare a vostro padre credermi
Più che credesse a frate mai pinzochera.
Farem venir questa sera medesima
Un vecchio qui a caval, che parrà giongere
Da Pavía allor allora; e diremo essere
Lui quel fattor che dê condurle a Padoa,
Che già abbiam detto in casa ch’elle aspettano.
Eurialo.E chi avrem noi che faccia questo officio,
E non sia conosciuto?
Accursio. Per dio! mancano
In questa terra i barattieri, voglili
O forestieri o della terra propria?
Poi, domattina all’alba, sarà in ordine
Una carretta che le levi, e portile
Poco lontano, con vista ch’ir vogliano
A lor cammin, ma la porta non passino.
Troveremo oggi a bell’agio una camera
Per quattro o cinque giorni, dove ascondere,
Fin che sia il vecchio partito, si possano.
Eurialo.Ma ecco che Piston vien fuor.
Accursio. Portatoci
Fuss’egli coi piè innanzi! Deh, mandatemi
- ↑ Dov’era il tribunale dell’inquisizione. — (Barotti.)