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432 la scolastica.

A tutta quella famiglia potevano,
Feci sì che ’l dottor si pose in animo
Di far ch’io non stessi in Pavía; e successegli:
Ch’indi a pochi dì occorse ch’in le pratiche1
Del rettore, una notte, un uomicidio
Fu fatto. Io mi trovai quella notte essere
Là presso, e al rumor corsi: il dottor subito
Mi fece dar la colpa, indi procedere
Contra; e in un tratto fui per contumacia
Condennato, e fu forza di fuggirmene,
E de’ studenti amici e gentiluomini
Lasciar le compagníe: ma più increscevole
Mi fu perder la vista di Flamminia.
E se non fusse stato che con lettere
Spesso novella me n’ha dato Eurialo,
Non so come sì longa resistenzia
Potuto avessi fare al desiderio
Che notte e dì mi rode, affligge e macera.
Bonifacio.Se l’amavate tanto, domandargliela
Per moglie dovevate. Forse data ve
L’avrebbe: e che nol fêste maravigliomi.
Claudio.Né di domandargliela ne di prenderla2
Avrei avuto ardir senza licenzia
Di mio padre, che vivéa allor; e dubbio
Non è, che ciò mio padre consentitomi
Mai non l’avría:3 del qual sapeva l’animo
Esser, che prima io finissi il mio studio
E che m’addottorassi, indi in la patria
Darmi, a suo modo, una moglie ricchissima.
Bonifacio.Ora che senza padre siete libero,
Perchè coi vostri amici non fat’opera
Ch’egli pur ve la dia?
Claudio.                                     Scrissi ad Eurialo
A’ dì passati, che ne fêsse pratica;
E la risposta sua mi fe da Padova
Levar incontinente, e qui venirmene:
Perch’egli m’avvisò che messer Lazzaro,
Poichè a Pavía levato era il salario


  1. Cioè, fra le conoscenze del rettore. — (Molini.)
  2. L’accento, come ognun vede, è trasferito sulla penultima di domandargliela.
  3. G. A.: «non avria.»