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atto primo. — sc. i. | 431 |
Claudio. Confessovi
Che ne fu in parte, ma non già potissima.
Udite pur; che ben vi farò intendere
Il tutto. Avéa il dottore una bellissima
Figliuola, ed ha, nominata1 Flamminia;
La qual non viddi prima, ch’ardentissima-
mente di lei m’accesi, ed ella il simile
Fece di me. Sol non venimmo all’ultime
Conclusïon, chè il padre, con gran studio,
E la madre dì e notte la guardavano;
E mi giovava poco che la balia
Sua m’ajutasse; e m’ajutasse Eurialo
Ancora, ma con qualche più modestia
E più secretamente. E questo uffizio
Parte facéa mosso dall’amicizia,
Parte perchè da me n’avéa buon cambio;
Che col mio mezzo si godéa una giovane
Bella e molto gentil, ancorchè d’umile
Grado fosse, la qual stava ai servizii
Quivi d’una contessa, a cui domestico
Era io molto ed amico, e con cui simile-
mente stava una donna della patria
Mia, che famigliar m’era ed intrinseca,
E ne potéa disporre; e disposine
In guisa, che le fece far tal’ opera
Che in pochi giorni al suo disegno Eurialo
Venne. Or tornando al caso mio, brevissimo
Fu il mio piacer. Non potè andar sì tacita
La cosa, che la madre ad avvedersene
Non cominciasse, ed indi messer Lazzaro:
Il qual, come prudente, alcuna collera
Di ciò non dimostrando, trovò idonea
Causa, e diversa da quella, di spingermi
Di casa sua, con onesta licenzia.
Io, pur seguendo l’impresa, e avvolgendomi
Per quella strada con troppa frequenzia,
E molte volte sul canto fermandomi,
E facendo atti e cenni che dar carico
- ↑ I manoscritti: «nomata;» e peggio la stampa del Grifio: Figliuola, et era nomata.
tro e della grammatica: quivi. La correzione accettata da noi è anche nella stampa del Giolito.