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408 il negromante.

Cintio.             Io son spacciato, io son morto! Apriti,
Apriti, per dio! terra, e seppelliscimi.
Fazio.Non è così da disperarsi, Cintio,
Ma da pensare e molto ben rivolgere,
Se c’è provvisïone, se rimedio
Si può far qui.
Cintio.                         Nè provveder, nè prendere
Altro rimedio so, che di fuggirmene
Tanto lontano, che giammai più Massimo
Non mi rivegga. Aspettar la sua collera
Non voglio. Addio. Vi raccomando, Fazio,
La mia Lavinia.
Fazio.                           Ah dove, pusillanimo,
Fuggite voi? — Se n’è andato. Va, Temolo,
In casa, e diligentemente informati
Di tutto quel che accade, e riferiscimi.
Temolo.Così farò. Tu costà dentro aspettami.




ATTO QUINTO.




SCENA I.

MASSIMO, CAMILLO, ABBONDIO, TEMOLO.


Massimo.S’io truovo che sia ver, ne farò (statene
Sicuri) tal dimostrazion, che accorgervi
Potrete che m’incresca, e ch’io non reputi
Meno esser fatta a me che a voi l’ingiuria.
Camillo.Se trovate altramente, pubblicatemi
Pel più tristo, pel più maligno ed invido
Uom che sia al mondo.
Abbondio.                                        Se non fusse, Massimo,
Più che vero, io conosco costui giovene
Di sorte, che non sapría immaginarselo,
Non che dirlo. La qual cosa delibero
Che non resti impunita; nè passarlami
Vô così leggermente.
Massimo.                                   Udite, Abbondio,