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atto terzo. — sc. iii, vi. 389

Meco, e, secondo dirò lor, m’ajutino.
Camillo.Così farò.
Astrologo.                Ma non abbiam da perdere
Tempo. Trovate una cassa, che comoda-
mente capirvi potiate, e aspettatemi
In casa.
Camillo.             Volete altro?
Astrologo.                                    Non altro.
Nibbio.                                                     Eccovi
Che levata una vivanda di tavola,
L’altra ne vien.
Astrologo.                            Venga pur, c’ho buon stomaco
Da mangiarmela. Or pon da bere, e ascoltami.


SCENA IV.

MASSIMO, ASTROLOGO, NIBBIO.


Massimo.O maestro,1 a tempo vi veggo; venivovi
Appunto a ritrovar.
Astrologo.                                 Ed io voi simile-
mente volevo.
Massimo.                         Io venía a farvi intendere
C’ho ritrovato un bacino assai simile
Al mio, e son quasi d’un peso medesimo.
Astrologo.Mi piace: or che son due, potrò far l’opera
Utile e fruttüosa. Ma ascoltatemi.
Prima ch’io séguiti altro, provar, Massimo,
Vô cosa che pochi altri maghi o astrologhi
Vorrebbon fare o, volendo, saprebbeno.
Massimo.Che cosa?
Astrologo.                Vô veder, prima che a crescere
Più cominci la spesa, se sanabile
È questo male o no; chè conoscendolo
Senza rimedio pure (quod præsumere
Nolo), più onore a me, ed a voi più utile
Saría, se chiaro vel facessi intendere.
Massimo.So che non fia incurabile: mettetevi
Pur alla cura sua con sicuro animo.
Non è se non malía che uomo o femmina


  1. Così , a questo e in altri luoghi, le antiche; che pur talvolta, come le moderne, hanno: mastro. Vedi a pag. 418.

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