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380 | il negromante. |
Cosa che prima ben non si consideri
Dentro e di fuor più volte. Se in un semplice
Fuso il vostro danajo avete a spendere,
Dieci volte a guardarlo bene e volgere
Per man tornate: ed a barlume gli uomini
Si tôrran poi, che tanto ci bisognano?
Madonna.Credo che sii ubbriaca.
Fantesca. Anzi più sobria
Unqua non fui. Io conobbi una savia,
Già mia vicina, che si tenne un giovene
Ogni notte nel letto più di sedeci
Mesi, e ne fece ogni pruova possibile;
E poichè a tal mestier lo trovò idoneo,1
Della figliuola sua, ch’ella aveva unica,
Lo fè marito.
Madonna. Va, scrofa, e vergógnati.
Fantesca.Dunque mi debb’io vergognare a dirvi la
Verità? S’anco voi la esperïenzia
Fatta aveste di Cintio, a questo termine
Non sareste. Ma che più? Persuadetevi
Che sia tutto uno, poichè esperïenzia
N’ha fatto Emilia tanti dì. Lasciatelo
In sua mala ventura, e d’altro genero
Provvedetevi. Ma prima provatelo;
Fate a mio senno.
Madonna. Uh, che consiglio, domine,
Mi dà costei!
Fantesca. Se non volete prendere
Questo, ve ne do un altro: a me lasciatelo
Provar. S’io provo, saprò far giudizio
Se se n’avrà da contentare Emilia.
Madonna.O brutta, disonesta e trista femmina,
Serra la bocca, in tua malora, e seguimi.
- ↑ L’edizione del Giolito e quella del Bortoli così pongono questo verso: E poi che tal mestier ben le parve utile; dove, per lo meno, tra che e tal, venne omessa la preposizione a.