Di questa debiltade ed impotenzia
Avendo dello sposo, il quale il vomere
Non può cacciar nel campo, ha ripreso animo
E speranza che a sè s’abbia a ricorrere,
Volendolo ridursi1 che si semini:
E son più giorni ch’a me venne, essendogli
Detto c’ho tolto a raddrizzare il manico
Dell’aratro; e due scudi in mano postimi
A prima giunta, indi il suo amor narratomi,
Mi supplicò piangendo, che procedere
Volessi in guisa alla cura di Cintio,
Che più impotente restasse e più debole
Di quel che sia, e in modo che conoscere
Mai non potesse carnalmente Emilia;
E cinquanta fiorin donar promessemi,
Se il parentado facevo dissolvere.
Nibbio.Verso gli argenti cotesto è una favola:
Ma nè i cinquanta fiorini anco putono;
E mi par che ’l beccarli vi sia facile,
Chè tosto che dichiate al padre o al suocero...
Astrologo.Deh! insegnami pur altro che di mugnere
Le borse, chè gli è mio primo esercizio.
Non vô che trenta fiorini mi tolghino
Seicento, e più. Quelli argenti mi toccano
Il cuor. Bisogna un poco che si menino
Le cose in lungo, finchè giunga un comodo
Di levar netto.2 Intanto non ci mancano
Altri babbion che ci daran da vivere.
Sono alcuni animali, dei quali utile
Altro non puoi aver che di mangiarteli,
Come il porco: altri sono che serbandoli
Ti danno ogni dì frutto; e quando all’ultimo
Non ne dan più, tu te li ceni o desini;3
Come la vacca, il bue, come la pecora:
Sono alcuni altri che vivi ti rendono
Spessi guadagni, e morti nulla vagliono;