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372 il negromante.

Far vedere in man mia. Credo che Massimo
Vorrà uno scritto di mano, e in presenzia
Di qualche testimonio consegnarmeli.
Nibbio.Fate a mio senno, padron: come avutili
Avete, andiamo a Ferrara o a Vinegia.
Astrologo.Con sì poco bottin tu vuoi ch’io sgomberi?
Credi tu ch’io non abbia più d’un traffico
In questa terra, piena di scioccaggine
Più che Roma d’inganni e di malizie?
Chè s’io mi parto sol con questo, perdomi
Così mille ducati, come, a studio,
Andassi ov’ha più fondo il mare a spargerli.
Nibbio.Che altro traffico, senza quel di Massimo,
Avete voi?
Astrologo.                    N’ho con questo suo Cintio
Un altro non minor; ma da cavarsene
Tosto il guadagno fuor molto più agevole,
Da quel del vecchio suo diverso. Abbiamone
Un altro poi, che val più che non vagliono
Insieme questi dua, nè s’anco fossino
Dua tanti; e tutti questi hanno un medesimo
Principio. Tu devresti ben conoscere
Camillo Pocosale, un certo giovane
Bianco, tutto galante.
Nibbio.                                   Pur conoscere
Lo devrei; così spesso venir veggolo
Con voi.
Astrologo.               Ma tu non sai, c’ha una bellissima
Quantitade d’argenti, che lasciatigli
Furon, con l’altra eredità, da un vescovo
Suo zio; e l’altr’ier, ch’un pezzo stetti in camera
Con lui, veder me li fe tutti. Vagliono
Settecento ducati, e credo passino.
Nibbio.Non è già posta da lasciar: farebbono
Per noi.
Astrologo.               Per noi faran, se mi riescono
Alcuni bei disegni ch’io fantastico.
Questo Camil della sposa di Cintio
È sì invaghito, che quasi farnetica.
Ben fe il meschino, prima che la dessino
A Cintio, ciò che far gli fu possibile
Per averla per moglie. Ora notizia