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atto primo. — sc. iii. | 367 |
Parere anch’io: che più?
Fazio. Dunque, rendetevi
Certo ch’egli più tosto vorrà apprendersi
A quaranta che a venti.
Cintio. L’ho certissimo.
Fazio.Il vecchio gli ha promesso, se vi libera,
Di donar venti scudi; e, credo, trattone
Le spese.
Cintio. Seguitate.
Fazio. Or, ritrovatelo,
E tutto il desiderio vostro apriteli;
E una profferta fategli magnanima
Di quaranta ducati, e che facci opera
Che si dissolva questo sponsalizio.
Cintio.Ma da chi troverò quaranta piccioli,
Non che fiorini, in tal tempo?
Fazio. Lasciatene
A me la cura. S’io dovessi vendere
Letto e lenzuola ed ogni masserizia
C’ho in casa, e, senza serbarmi una camera,
La casa stessa, provvederò subito
A tal bisogno.
Cintio. In questa cosa, Fazio,
Ed in ogni altra, sempre mai rimettere
A voi mi voglio.
Fazio. Che ne di’ tu, Temolo?
Temolo.Il medesmo che voi dite.
Cintio. Parendovi
Dunque così, gli parlerò.
Fazio. Parlategli,
E tosto.
Cintio. Or ora, poichè senza avvolgermi
Per la terra a cercarlo, io l’ho qui comodo
In casa.
Fazio. Egli è qui in casa?
Cintio. Sì.
Fazio. Chiamatelo
Da parte, o vi serrate nella camera
Con lui.
Cintio. Così farò.
Fazio. Ma ecco Massimo,
Che a tempo vi dà loco. Resti Temolo