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358 il negromante.

Ciò che si fa, ciò che si dice. Domine,
Come è impronto, nojoso e rincrescevole!


SCENA II.

LIPPO, poi FAZIO.


Lippo.Questa è la prima strada, che volgendosi
A man manca, passato Santo Stefano,
Si trova; e questa la casa debb’essere
Di Massimo, vicino alla quale abita
Colui ch’io vo cercando. Ma notizia
Me ne darà forse costui. Ma veggolo,
Veggol, per dio! Gli è quel ch’io cerco proprio:
Gli è desso.
Fazio.                      Non è questo Lippo?
Lippo.                                                        O Fazio.
Fazio.Quando a Cremona?
Lippo.                                   O caro Fazio, veggoti
Volentieri.
Fazio.                    Io tel credo. Ed io te simile-
mente.1 E che buone faccende ti menano?
Lippo.Mi manda Copo vostro per riscuotere
Alcuni suoi danari, che gli debbono
Gli eredi di Mengoccio Della Semola.
Fazio.Quando giungesti?
Lippo.                                 Giunsi ieri2 sul vespero.
Fazio.Or che si fa a Firenze?
Lippo.                                          Si fa il solito.
Odo che ti sei fatto in corpo e anima
Cremonese, nè più curi la patria.
Fazio.Che vuoi ch’io faccia? A Firenze sì premeno
Le pubbliche gravezze, che resistere
Non vi si può: qui mi ridussi, e vivomi
Con la mia brigatella assai più comodo.
Lippo.Tua moglie come sta?
Fazio.                                        Sana, Dio grazia.
Lippo.Non avevate una figliuola? Parmene
Pur ricordar.


  1. Sottintendesi: veggo volentieri.
  2. Da pronunziare: giuns’ieri. E vedi la nota 1 a pag. 299.