Nè però fatto nocumento, anzi utile:
Chè sei stata cagion che maritata la
Figliuola ha in così ricco e nobil giovine,
Quanto egli stesso avría saputo eleggersi.
Lena.Gliela darà pur per moglier?
Menica. Già data glie
L’ha: si sono accordati, egli ed Ilario,
In due parole.
Lena. Anco che questo misero
Vecchio mi sia più che le serpi in odio,
Pur ho piacer d’ogni ben di Licinia.
Menica.Se tu perseverassi in questa collera,
Saresti, Lena, la più ingrata femmina
Del mondo. Egli, con tutto che giustissima
Cagione avría di far tutto il contrario,
Pur non può star che non t’ami, e nascondere
Non può la passïon che dentro il crucia,
Nè non pentirsi delle dispiacevoli
Parole ch’oggi ebbe teco; che giudica
Che t’abbin spinta a fargli questa ingiuria.
E’ m’ha detto che quando udì da Ilario
Che tuo marito t’avea con quel giovine
Trovata, fu per affanno a pericolo
Di cader morto; e che poi ritrovandosi,
Come era appunto il ver, che caricatala1
Avéa costui non a te, ma a Licinia,
Tutto restò riconsolato, e parveli
Risuscitar. Or vedi se ci è dubbio
Che teco presto non si riconcilii,
Massimamente che gli torna in utile
Questo error tuo.
Lena. Faccia egli pur, e piglila
Come gli pare. Se sarà il medesimo
Verso me, ch’egli suol, me la medesima
Verso sè troverà, che suole.
Menica. Or voglioti
Dir, Lena, il vero. A te mi manda Fazio,
Il quale è tuo come fu sempre, e pregati