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atto quinto. — sc. iii. 339

Corbolo.Se non che vostro figliuol, riparandosi
Con un scanno che prese, e ritraendosi
Pur sempre all’uscio, saltò fuora, avrebbelo
Morto.
Ilario.          Si salvò, in somma.
Corbolo.                                           Nol vô mettere
Per salvo ancor.
Ilario.                           Tu mi occidi.
Corbolo.                                                  Incaciandolo
Tuttavía quel ribaldo, e non lasciandolo
Slungar molto da sé, fu forza a Flavio
Che si fuggisse in casa là di Fazio:
E così v’è assediato.
Ilario.                                   Vedi audacia
D’un mendico, furfante, temerario!
Corbolo.E più c’ha fatto e cerca far d’altri uomini
Ragunanza, e d’entrar là dentro ha in animo.
Ilario.Entrar là dentro? Non son così povero
Di facultà e d’amici, che difendere
Io non lo possa, e far parer Pacifico
Un sciagurato.
Corbolo.                         Non vogliate mettervi
A cotal prova, avendo altro rimedio:
Che far le ragunanze è contra gli ordini
Del signor, e ci son pene arbitrarie;
Ed accader potrebbonvi omicidii.
E quando ancor provvediate (il che facile
Credo vi sia) che non noccia Pacifico a 1
Flavio nella persona (anzi vô credere
Che voi e Flavio più siate atti a nuocere
A lui); pur non farete, riducéndosi
Al podestà costui, come è da credere
Che sia per far, che ’l podestà procedere
Non abbia contra a Flavio: e quali siano
Nei statuti le pene degli adulteri;
Ed oltra gli statuti, quanto arbitrio
Il podestade abbi potere accrescere,
Secondo che degl’inquisiti vagliono
Le facultà, non secondo che mertano
Le pene e i falli, pur vi dovrebbe essere



  1. Così l’edizione del Giolito. Il Barotti e gli altri omettono a.