Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
338 | la lena. |
Corbolo. Flavio, oggi credendosi
Che fosse fuor Pacifico, e credendolo
Anco la donna, in casa nella camera
S’era con lei ridotto; e mentre stavano
In piacer, quel beccaccio, che nascososi
Non so dov’era, saltò per ucciderlo
Fuor con lo spiedo.
Ilario. Il côr mi trema.
Corbolo. Flavio
Pregando fè pur tanto, e supplicandoli,
E di donar danari promettendoli,
Che gli lasciò la vita.
Ilario. Or mi risusciti,
Se con danar la cosa si pacifica.
Corbolo.Non ho detto1 anco il tutto.
Ilario. Che ci è? seguita.
Corbolo.In venticinque fiorin si convennono,
Che prima che d’insieme si partissono,
Sborsati fosson. Mandò per me Flavio,
E la berretta e la robba traendosi,
Mi commise ch’io andassi a pregar Giulio
Che gli facesse pagar questo numero
Di danar sopra, ed egli per istatico
Quivi si rimarrebbe: poi quel giovine
Ci turbò, come voi sapete; e Flavio
Per lui, se non ci riparate, è a termine
Che Dio l’ajuti.2
Ilario. Perchè debbe nuocerli
Se son d’accordo?
Corbolo. Udite pur. Pacifico
Tenendosi uccellato, con più furia
Che pria, corse allo spiedo, e senza intendere
Alcuna scusa, volea pur ucciderlo.
Ilario.Facesti error, che non venisti subito
Ad avvisarmi. Al fin che avvenne? seguita.
Corbolo.Non so perchè, non l’occise; e credetemi
Che ben Dio e Santi Flavio ebbe propizii.
Ilario.Un manigoldo poltrone ha avuto animo
Di minacciar un mio figliuol d’ucciderlo?