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atto quinto. — sc. iii. 337

Ilario.                  Oh, tu piangi!
Corbolo.                                           E voi più piangere
Dovreste, chè vostro figliuol...
Ilario.                                                     Dio, ajutami.
Corbolo.È in pericol.
Ilario.                      Pericolo?
Corbolo.                                    Sì, d’essere
Morto, se non ci si ripara subito.
Ilario.Come come? di’ di’: dov’è?
Corbolo.                                              Pacifico
L’ha côlto con la moglie in adulterio.
Vedetelo colà, che vorría ucciderlo
Con quel spiedo, e chiamato ha quei duo gioveni
Suoi parenti; ed aspetta anco che venghino
Tre suo’ cognati.
Ilario.                           Egli dov’è?
Corbolo.                                              Chi? Flavio?
Là dentro questi rubaldi lo assediano.
Ilario.Dove là dentro?
Corbolo.                            In casa là di Fazio.
Ilario.Èvvi Fazio?
Corbolo.                     Se vi fusse, il pericolo
Non mi parrebbe tanto. Ècci una giovane
Sua figlia, senza più: consideratela
Or voi, che ajuto può aver da una femmina!
Ilario.Se con la moglie in casa sua Pacifico
L’ha côlto, come è in casa ora di Fazio?
Corbolo.Io vi dirò la cosa da principio.
Ilario.Dilla, ma non ne scemar, nè ci aggiungere.
Corbolo.La dirò appunto come sta. Ma vogliovi
Prima certificar che quella favola,
La qual dianzi contai, che stato Flavio
Era assalito, e che tolto gli aveano
Li panni, non la finsi già per nuocervi;
Ma perchè voi, con minor displicenzia,
Mi déssi li danar che potéan súbito
Liberar vostro flgliuol dal pericolo
In che or egli si trova: e mancatami
Quella via essendo, è in molto peggior termine
La vita sua, che non fu dianzi.
Ilario.                                                  Narrami
Come sta il fatto.


ariosto.Op. min. — 2. 29