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334 la lena.

ATTO QUINTO.




SCENA I.

CORBOLO, PACIFICO, STAFFIERI.


Corbolo.Vien fuora, vien più in qua, più ancora: partiti
Di casa un poco. Tu mi par più timido
Con l’arme in mano, che non dovresti essere
Se l’avessi nel petto. Di chi dubiti?
Pacifico.Del capitan della piazza, che cogliere
Mi potría qui con questo spiedo, e mettermi
In prigion.
Corbolo.                  No, ch’io gli daría ad intendere.
Che fusse un sbirro o il boja; e crederebbelo,
Chè dell’uno e dell’altro hai certo l’aria.
Rizza la testa. Eh, par che vogli piangere!
Sta ritto, sta gagliardo, fa il terribile,
Fa il bravo.
Pacifico.                    E come fassi il bravo?
Corbolo.                                                       Attaccala
Spesso a Dio e Santi: tienlo così: volgiti
In qua: fa un viso scuro e minaccevole.
Ben son pazzo, che far voglio una pecora
Simigliare un leon. Ma veggo giungere
A tempo due staffieri di don Ercole,1
Che dove costui manca pôn soccorrermi;
Voglio ire a lor. Buondì, fratelli.
Staffieri.                                                    O Corbolo,
Buondì e buon anno. Come la fai? Vuône tu
Dar bere?
Corbolo.                    Sì, volentieri; ma pensovi
Di dar meglio che bere.
Staffieri.                                        Che?
Corbolo.                                                Fermandovi
Qui meco una mezz’ora, voglio mettervi


  1. Don Ercole da Este, figlio del duca Alfonso I, che succeduto al padre, fu il penultimo duca di Ferrara. — (Barotti.)