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310 la lena.

Egano.Faceste ben: quest’è la via. Potendovi
Far piacer, comandatemi.
Ilario.                                          Addio, Egano.
Corbolo.(La quaglia è sotto la rete; io vô correre
Innanzi, far ch’ella s’appanni e prendasi.)
Io non so che mi far, dove mi volgere,
Poichè non c’è il patron.
Ilario.                                          (Oh! che può essere
Questo?)
Corbolo.               Ma che accadéa partirsi a Flavio?
Ilario.(Questa fia qualche cosa dispiacevole!)
Corbolo.Molto era meglio aver scritto una lettera
Al padre, e aver mandato un messo subito...
Ilario.(Oimè, occorsa sarà qualche disgrazia!)
Corbolo.Che andarvi egli in persona.
Ilario.                                                (Che puot’essere?)
Corbolo.Megli’era ch’egli stesso il fêsse intendere
Al duca.
Ilario.              (Dio m’ajuti!)
Corbolo.                                       Come Ilario
Lo sa, verrà volando a casa.
Ilario.                                                Corbolo!
Corbolo.Non la vorrà patire, e farà il diavolo.
Ilario.Corbolo!
Corbolo.              Ma che farà anch’egli?
Ilario.                                                     Corbolo!
Corbolo.Chi mi chiama? Oh patron!
Ilario.                                                Che c’è?
Corbolo.                                                              V’ha Flavio
Incontrato?
Ilario.                    Che n’è?
Corbolo.                                   Non eran dodici
Ore ch’uscì della cittade, e dissemi
Che veniva a trovarvi.
Ilario.                                      Che importanzia
C’era?
Corbolo.            Voi non sapete a che pericolo
Egli sia stato?
Ilario.                         Pericolo? Narrami:



    città sotto la direzione di un perito che chiamavasi Giudice delle fosse; e chiunque aveva buoi era obbligato dal principe a mandarli coi carri al lavoro una volta la settimana. — (Barotti e Molini.)