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306 la lena.

Guardar la sua campagna; e li medesimi
Che n’hanno cura son quei che la rubbano.)
Lena.Spíccati, che spiccata ti sia l’anima!
Corbolo.(Non pônno a nozze ed a conviti pubblici
Li fagiani apparir sopra le tavole,
Chè le grida ci sono; e nelle camere
Con puttane i bertoni se li mangiano.
Questi arrosto, e ’l cappone ho fatto cuocere
Lesso, e qui nel canestro caldi arrecoli.
Ecco la Lena.)
Lena.                         Hai tu i danari, Corbolo?
Corbolo.Io gli avrò.
Lena.                   Non mi piace udir rispondere
In futuro.
Corbolo.                 Contraria all’altre femmine
Sei tu, che tutte l’altre il futtur1 amano.
Lena.Piacciono a me i presenti.
Corbolo.                                           Ecco, presentoti
Cappon, fagiani, pan, vin, cacio: portali
In casa. Farmi che saría superfluo
Aver portati piccioni, vedendoti
Averne in seno due grossi bellissimi.
Lena.Deh, ti venga il malanno!
Corbolo.                                             Lascia pormivi
La man, ch’io tocchi come sono morbidi.
Lena.Io ti darò d’un pugno. I danar, dicoti.
Corbolo.Finalmente ogni salmo torna in gloria.
Tu non ti scordi: tra mezz’ora arrecoli.
Io trovai che nel letto anch’era Giulio:
Gli feci l’ambasciata, ed egli mettere
Mi fe li panni su ’na cassa, e dissemi
Ch’io ritornassi a nona. In tanto cuocere
Il desinare ho fatto, e posto in ordine.
Ma le fatiche mie. Lena, che premio
Hanno d’aver? ch’io son cagion potissima
Che i venticinque fiorin ti si diano.
Lena.Che vuoi tu?
Corbolo.                       Ch’io tel dica? Quel che dandomi,
E se ne déssi a cento, non puoi perdere.
Lena.Io non intendo.


  1. Così la stampa del Giolito.