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262 | i suppositi. |
Dalio.Così farò.
Filogono. Non so quel ch’io m’immagini.
Lizio.Patrone, il mondo è grande: debbono essere
Altri Erostrati ancora, altri Filogoni,
Altre Ferrare e Sicilie e Catanee.
Forse non è la Ferrara ove studia
Vostro figliuolo, questa. Un altro Erostrato
Figliuol d’un altro Filogon debbe essere;
Credete a me.
Filogono. Non so ch’io m’abbia a credere,
Se non che tu sia pazzo e quell’altro ebrio.
Lizio.Guardate, uomo da ben, un loco in cambio
Voi non togliate d’alcun altro.
Ferrarese. Ajutimi
Domeneddio! non credete ch’Erostrato
Cognoschi, e ch’io non sappi ancora ove abita?
Io ce lo vidi entrar pur jer. Ma eccovi
Chi ve ne ne può chiarir; chè non ha l’aria,
Come quel ch’era alla finestra, d’ebrio.
SCENA V.
SANESE, e detti.
Sanese.Mi domandate, gentiluomo?
Filogono. Intendere
Vorrei donde voi siate?
Sanese. Di Sicilia
Sono.
Filogono. E di che cittade?
Sanese. Di Catanea.
Filogono.Il nome vostro?
Sanese. Mi chiamo Filogono.
Filogono.E che esercizio fate?
Sanese. Il mio esercizio
È mercatante.
Filogono. E che mercanzia aveteci
Voi arrecata?
Sanese. Nessuna: venutoci
Son per vedere un mio figliuol che studia
In questa terra; che due anni passano
Che più nol vidi.