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16 | la cassaria. |
no, che non saremo per minima causa puniti: a che peggio si può giungere, che alle bastonate?
Fulcio. Non ti bisognarà, so ben, desiderare più sufficiente spalle, che coteste: a stancare ogni buon braccio pur troppo idonee sono. —
Caridoro. Vengon, mi par, ridendo.
Volpino. — E se più sofficienti pur cercare mi bisognasse, piglierei le tue. —
Erofilo. Che credi tu? Che sì,1 qualche buon vino trovato hanno, che come forse della tanta dimora, così deve di questo opportuno loro riso esser cagione.
Volpino. — Studiamo il passo: non vedi tu che da’ nostri patroni attesi siamo? —
Caridoro. Andiamogli incontra, chè pur in questa allegrezza che dimostrano, sperar mi giova.
Erofilo. Nulla debbono della partita di Lucrano sapere, chè non verríano sì lieti.
Volpino. Dio vi conservi lungamente.
Erofilo. Sì, ma di miglior voglia che or non siamo.
Volpino. Spera fin che vivi, e lassa disperare a’ morti.
Erofilo. Tu non sai. Volpino, che dimane, o questa notte forse, Lucrano si parte?
Volpino. Pártisi con tempesta; ma non gli credo: sono arti ch’egli usa per ispaventarvi.
Erofilo. Taci: se udito avessi quel che al Furba suo adesso dicea, non si credendo da noi essere udito, ti parrebbe che non fussino arti: domandane costui.
Caridoro. È così certo.
Erofilo. Ahi lasso! come potrò poi vivere, se lui ne mena ogni mio bene? Dovunque ne vada Eulalia, ne andrà con essa il cuor mio.
Volpino. Se ’l cuor tuo s’ha da partir questa notte, fa che io lo sappia così a tempo, che tôr possa la sua bulletta prima che si serri l’officio.
Fulcio. E che se gli faccia una veste, o altra cosa da coprirlo.
Volpino. Perchè veste?
- ↑ Tutte le edizioni leggono, senza alcun senso, che credi tu, che se ec. — (Tortoli.) — Il Barotti però sopprime i due che, leggendo: «Che credi tu? Se qualche buon vino trovato hanno, come forse ec.» — Sembra ancora, che meglio di opportuno, qui calzerebbe importuno.