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atto secondo. — sc. i. | 231 |
Dulippo, se tu m’ami, e serva il credito
Ch’io t’ho dato col nome.
Erostrato. Ora lasciatemi
Onorarvi e far parte del mio debito,
Chè non c’è alcun che n’oda.
Dulippo. Il non guardartene
Sempre, ti potría fare errar di facile
In luogo ove notati potremmo essere.
Che nuove apporti?
Erostrato. Buone.
Dulippo. Buone?
Erostrato. Anzi ottime.
Abbiam vinto il partito.
Dulippo. Felicissimo
Me, se cotesto fusse vero!
Erostrato. Uditemi.
Jersera al tardi io ritrovo Pasifilo,
E senza molti inviti a cena menolo
Meco; ove, con quei modi più amorevoli
Ch’io seppi, a un tratto mel feci amicissimo:
Sì, che ciò che disegni lo avversario
M’ha detto, ed anco il pensier di Damonio,
Per quanto può conjetturando intendere;
E m’ha per l’avvenir promesso d’essere
Tutto in nostro favore in questa pratica.
Dulippo.Non so se sai che non è da fidarsene,
E che è bugiardo, adulatore e perfido.
Erostrato.Ben lo conosco anch’io; ma so che nuocere
Non mi può questo suo parlar, trovandolo,
E toccandol con man, tutto verissimo.
Dulippo.E che t’ha detto, in somma?
Erostrato. Che Damonio
Avea di dar la figliuola pur animo
Al dottor, poi ch’offería di duo milia
Ducati sopraddote.
Dulippo. Dunque pajono
A te queste novelle buone, anzi ottime?
Erostrato.E che? Credete voi sì tosto intendere,
S’io non v’ho detto il tutto ancora?
Dulippo. Seguita.
Erostrato.A questo gli risposi, ch’era simile-
mente acconcio da farle la medesima