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atto quinto. — sc. vi. | 216 |
Lo vorrei.
Fulcio. Saran buoni quei che avanzano,
Da farti qualche giorno con Eulalia
Tua goder.
Erofilo. Quanti a Lucramo vogliamone
Dar?
Fulcio. Quei che potrem manco. Ci ha a concorrere
Per la metade Caridoro.
Erofilo. Pigliali,
E fanne quel che ti par.
Fulcio. Anzi portali
Teco, chè tosto ch’abbi questa giovane
Condotta a Caridor, a trovar vengoti
A casa di Galante.1 — Or ritornatevi,
Brigata, a casa; perchè questa giovene
Ch’io son per menar meco, non vuol essere
Veduta, chè le par forse che in ordine
Non sia a suo modo; d’ornamenti dicovi,
Perchè nel resto non è men che siano
Da ogni tempo l’altre donne in ordine:
E dovendo il ruffiano anco fuggirsene,
Non vuole, e non sarebbe a suo proposito,
Che lo vedesse tanta moltitudine.
- ↑ Nominato nell’atto III, sc. 7, p. 162.