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208 | la cassaria. |
Questo giunto ordinò.
Crisobolo. Di mia scïenzia?
Fulcio.Così dicono; e parmi che dicessino
Anco, se ben mi ricordo, che entratogli
Eri tu in casa con gente, e levatogli
Avevi o cassa o forziero. A te spinsemi
In tanta fretta Caridor, che intendere
Non l’ho potuto così appunto. Or mandami
A te il patron, e per me ti significa,
Ch’esso è per far quanto gli sia possibile,
Che non possa il ruffiano aver udienzia
Dal capitan questa notte. Ingegnatevi
Di mitigarlo intanto, e fare ogni opera
Che al signor non si dolga; chè, dolendosi,
Non potrà tuo flgliuol se non ricevere,
Oltra il tuo danno, una vergogna pubblica.
Crisobolo.Che provvisione farci, che rimedio
Poss’io?
Fulcio. Fargli1 restituir la femmina.
Crisobolo.Non si può, chè non l’ha, nè sa chi tolta gli
L’abbia.
Fulcio. Questo è gran mal.
Crisobolo. Non potrebbe essere
Peggio.
Fulcio. E come farem, dunque?
Crisobolo. Che domine
So io? Non è il più sfortunato e misero
Uomo al mondo di me.
Fulcio. Il miglior rimedio
E più breve sarà, che la sua femmina
Paghi al ruffiano quello2 almen che venderla
Potè altre volte, e lo facci star tacito.
Crisobolo.Strano mi par ch’io debba così spendere
Il mio danajo, ch’io non uso spendere
Se non in cose che mi sieno d’utile.
Fulcio.Non si può sempre guadagnar, Crisobolo:
Benchè però non si può dir poco utile,
Vietar con pochi danar, che gravissimo
Danno, e più biasmo e una vergogna pubblica,
Ti venga addosso. Se verrà a notizia