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atto secondo. — sc. iii. | 147 |
Poich’è ruffiano, che ladro possa essere:
E tu lo pregherai che farti grazia
Voglia che ’l suo bargello venga, e cerchigli
La casa. Caridoro favorevole
Ti sarà appresso il padre, e farà muovere
Immantinente il bargello.
Caridoro. Gli è facile
Cosa cotesta: io verrò, bisognandoci,
Anco in persona.
Volpino. Gli sarem sì subito
Addosso, che la cassa trovaremovi,
Che non avrà di porla altrove spazio.
Esso dirà ch’un mercatante datagli
L’ha in pegno, sinchè gli paghi una femmina
Che gli ha venduta. Chi gli vorrà credere,
Che per cosa che appena val, mettiamola,
Cento ducati, debba per duo milia
Avergli dati pegni? Or, ritrovandogli
Il furto in casa, sarà senza dubbio
Preso per ladro e strascinato in carcere;
E se dipoi lo impicchino e lo squartino,
Che v’abbiam noi a far? Per le tristizie
Sue, in ogni modo, e questo e peggio merita.
Erofilo.Ben, per dio! Oh bel disegno! e può succedere,
Volpino.Tu, Caridoro, preso che sia Lucramo,
Essendo l’uom che sei, per te medesimo
Potrai fornir tutto il tuo desiderio.
Parla al bargello, e con esso lui ordina
Che ti faccia condur tosto la giovane,
Che sia cacciato quel ghiottone in carcere.
Vada poi come vuol la cosa, o impicchinlo
O lo lascino ancor, se campa Lucramo,
Avrà sempre di grazia di lasciartela
In dono, se te gli mostrerai d’essere
Con tuo padre e con gli altri favorevole.
Caridoro.Per dio, Volpino, una corona meriti.
Fulcio.Anzi una bella mitra.
Volpino. Non può, Fulcio,
Alle tue dignitadi ognuno ascendere.
Erofilo.Or dove è questo tuo, che porre in abito
Vogliam di mercatante?
Volpino. Maravigliomi