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atto secondo. — sc. iii. 145

La cura: ascolta.
Erofilo.                              È di troppo pericolo.
Volpino.Non è, se ascolti: si potrà poi facile-
mente...
Erofilo.                Che facilmente?
Volpino.                                           Se stai tacito,
Te lo dirò. Gli è di bisogno, Erofilo,
Qualunque vuol...
Erofilo.                                Deh che ciance, che favole
Son queste che avviluppi?
Volpino.                                              Non volendomi
Udir, tuo danno: ben io pazzo...
Caridoro.                                                       Lascialo
Dir.
Erofilo.        Dica.
Volpino.                  A travagliarmi in voler utile
Far a chi non lo vuol. Mi mangi il cancaro
Se più...
Caridoro.                Non ti partir, Volpino: ascoltalo
Un poco, tu.
Erofilo.                       Che vuoi tu dir? Ascoltoti.
Volpino.Quel ch’io vô dir? Tu mi preghi e mi stimuli
E tutto1 il dì consumi, ch’io m’industrii
E trovi modo ch’abbi questa giovane:
Io n’ho trovati cento, e mai trovatone
Uno non ho che ti piaccia. Un difficile
Ti pare, un altro di troppo pericolo;
Quel lungo, quel scoperto: chi può intenderti?
Vorresti e non vorresti; tu desideri,
E non sai che. Non si può far, Erofilo,
Credilo a me, mai cosa memorabile
Senza fatica e senza gran pericolo.
Che pensi tu con tuoi sospiri e lagrime
Poter piegar questo ruffiano a dartila?
Erofilo.Pur mi parrebbe gran sciocchezza a mettere
Cosa di tanta valuta a pericolo
Sì manifesto. Non sai che duo milia
Ducati, e credo più, i filati vagliono
Che sono in quella cassa, e che in deposito
A mio padre fûr dati? Che se fossero


  1. Così, e meglio, le stampe più antiche. Le più recenti: Che tutto.
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