Pagina:Ariosto-Op.minori.2-(1857).djvu/133


atto primo. — sc. i. 123

Or siam mandati a ritrovar Filostrato,
Con iscusa che quei si vuol dell’opera
Nostra servire in sue faccende.
Corbo.                                                      Faccialo
A che effetto si vuol, c’hai tu a pigliartene
Più cura di noi altri? Se rubassino
E vôtassin la casa, del residuo
Sarà Erofilo erede, e non tu, bestia.
Nebbia.Bestia pur tu, che non hai più di un asino
Discorso. Dimmi, Corbo: se Crisobolo
Torna, che fia di me? Ch’oggi, partendosi,
Mi consegnò le chiavi della camera
Sua, nella qual l’altre chiavi si tengono;
E comandò, per quanto la sua grazia
M’era cara e la vita mia, che a cintola
Tuttavia le tenessi o nella manica,
Nè le déssi a persona, e meno a Erofilo
Che a gli altri, e ch’io non ardissi di mettere
Mai fuor di questa porta il piede. Or vedi se
Ben gli ubbidisco. Non dovea ancor essere
Giunto al porto, che queste chiavi Erofilo
Mi domandò, e le volle infin, dicendomi
Che voleva cercar fra quegli armarii
Di certo corno suo da caccia; ed ebbele;
E forse tu ti ci trovasti.
Corbo.                                           Udivone
Ben il romor, chè da dieci o da dodici
Bastonate sentî...
Nebbia.                             Fûr più di quindici
E più di venti.
Corbo.                         Che ti rassettavano
Il basto, prima che volessi darglile;
Ma non mi ci trovai già alla presenzia.
Nebbia.Non mi ci fussi anch’io trovato! Avrebbemi
Morto, s’io non gli le lasciavo.
Corbo.                                                      Credolo.
Nebbia.E che dovevo io far?
Corbo.                                      Darglile subito
Che te le domandò; così uscir subito
Di casa, che sentisti comandartilo.
Avresti sempre col vecchio legittima
Scusa, che fosti sforzarlo. Lo stimi tu