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atto quarto. — sc. viii. | 99 |
Filogono. Non gli dare udienza, ch’egli è un pazzo.
Ferrarese. Di’, per tua fè, Lico; che cosa è favore?
Lico. Avere chi raccomandi la tua causa, perchè, dovendo tu vincere, presto abbia fine; e così se la conclusione non fa per te, che si differisca e meni in lungo, tanto che per molto distrazio l’avversario stanco ti ceda, o teco pigli accordo.
Ferrarese. Di questa parte, Filogono, benchè qui non si usi, ti fornirò io ancor, non dubitare: ti menarò a un avvocato, che ti bastarà per tutte queste cose.
Filogono. Convien che mi dia dunque a gli avvocati e procuratori in preda, alla cui insaziabile avarizia supplire non mi terrei sufficiente con ciò che far posso, ancora che nella patria mi trovassi? Conosco io pur troppo li costumi loro. La prima volta ch’io gli parlarò, la causa vinta senza alcun dubbio mi prometteranno: eccetto quella,1 ogni dì sempre ci ritroveranno, anzi ci faranno maggior dubbio. Mi vorranno dare colpa che da principio non gli abbia bene informati: e questo, per trarmi non solo de la borsa i danari, ma de l’ossa le medolle.
Ferrarese. Quello che ti propongo è mezzo santo.
Lico. E ch’è l’altro? Mezzo diavolo?
Filogono. Ben dice Lico: anch’io mi fido poco di questi che portano il collo torto.
Ferrarese. Voglio che sia come tu dici, e peggio ancora: l’odio e la malivolenza ch’egli porta a questo Erostrato, o Dulipo che ’l sia, farà sì, che senza aver rispetto a guadagnare teco, abbracciarà questa causa, e proseguiràlla gagliardamente.
Filogono. Che inimicizia è tra loro?
Ferrarese. Di amore: amendue sono competitori d’una moglie, figlia d’un cittadino nostro.
Filogono. Dunque, questo truffatore è di tal credito a mie spese in questa terra, che ardisce di dimandare una figliuola d’un cittadino?
Ferrarese. Così è.
Filogono. Come si nomina questo suo avversario?
Ferrarese. Cleandro: è de li primi dottori di questo Studio.
Filogono. Andiamo a ritrovarlo.
Ferrarese. Andiamo.
- ↑ Eccetto quella prima volta.