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94 | i suppositi. |
pazzo e colui imbriaco, nè sappia che si dica. Guarda tu, valent’uomo, che non abbi errata la stanza.
Ferrarese. Non credi tu ch’io conosca Erostrato da Catania, e non sappia che stia qui? Pur jeri ce lo vidi. Ma ecco chi ti potrà chiarire; e non ha viso d’imbriaco come quel famiglio.
SCENA V.
SANESE, FILOGONO, LICO, FERRARESE.
Sanese. Mi dimandi tu, gentiluomo?
Filogono. Vorrei intendere donde tu sia.
Sanese. Siciliano sono, al piacer tuo.
Filogono. Di che terra?
Sanese. Da Catania.
Filogono. Come è il tuo nome?
Sanese. Filogono.
Filogono. Che esercizio è il tuo?
Sanese. Mercatante.
Filogono. Che mercanzia hai tu menata qui?
Sanese. Nessuna: ci sono venuto per vedere un mio figliuolo che studia in questa terra, e sono più di dui anni ch’io nol vidi.
Filogono. Chi è tuo figliuolo?
Sanese. Erostrato.
Filogono. Erostrato è tuo figliuolo?
Sanese. Sì, è.
Filogono. E tu Filogono?
Sanese. Sì, sono.
Filogono. E mercatante in Catania?
Sanese. Non ti bisogna dimandarne; non ti direi la bugia.
Filogono. Anzi tu dici la bugia, e sei un barro e uno cattivissimo uomo.
Sanese. Hai torto a dirmi villania, ch’io non ti offesi, ch’io sappia, mai.
Filogono. Tu fai da tristo e barattiere a dire quel che non sei, che tu sia.
Sanese. Io sono quel che ti dico; e se non fussi, perchè il direi?
Filogono. Dio, che audacia, che viso invitriato! Filogono da Catania sei tu?