Più maraviglia non avría di quello
Ch’ebbe Carlo, vedendo in corvo il cigno
Rinaldo esser mutalo, e contra Francia
Vôlta senza cagion la buona lancia.
56 Quel che avverría a un nocchier che si trovasse
Lontano in mar, e fremer l’onde intorno,
Tônar di sopra, e andar le nubi basse
Vedesse negre ed oscurarsi il giorno;
Che mentre a divietar s’apparecchiasse
Di non aver dalla fortuna scorno,
Il governo perdesse, o simil cosa
Alla salute sua più bisognosa:
57 Quel che avverrebbe a una cittade astretta
Da’ nemici crudel, privi di fede,
Che d’alcun fresco oltraggio far vendetta
Abbian giurato e non aver mercede;
Che, mentre la battaglia ultima aspetta
E all’ultima difesa si provvede,
Vegga la munizion arsa e distrutta,
In che avea posta sua speranza tutta:
58 Quel che avverría a ciascun che già credesse
D’aver condotto un suo disire a segno,
Dove col tempo la fatica avesse,
L’aver, posto, gli amici, ogni suo ingegno;
E cosa nascer subito vedesse
Pensata meno, e rompergli il disegno:
Quel duol, quell’ira, quel dispetto grave
A Carlo vien, come l’avviso n’have.
59 Or torna a Carlo il conte di Pontiero,
E gli dà un altro avviso di Marsiglia,
Ch’indi sciolta l’armata avea Ruggiero
Per uscir fuor del stretto di Siviglia,
Nè ad alcuno avea detto il suo pensiero;
E certo, poi che questa strada piglia,
Gli è manifesto che, voltando intorno,
Si troverà sorto in Guascogna un giorno.
60 E della conjettura sua non erra;
Perchè Marfisa ad un medesmo punto
Se n’era coi cavalli ita per terra,
Ed a Rinaldo avea potere aggiunto.
Or, se Carlo temea di questa guerra,
Chè Rinaldo lo fa restar consunto;