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68 | i cinque canti. |
Mirando ove dall’impeto era tratto,
Stava maraviglioso e stupefatto:
51 Ma magnanimamente gli rispose,
Che, traditor nomandolo, mentia.
Rinaldo, se non ch’uno s’interpose,
Alzò la mano e percosso l’avria:
Prender lo fece, ed in prigion lo pose;
E tolto ch’ebbe Unuldo in compagnia,
Le ville, le cittadi e le castella
Del re per forza e per amor rubella.
52 E dovunque ritrovi resistenza,
O dà il guasto o saccheggia o mette a taglia:
Gli dà tutta Guascogna ubbidïenza,
E poche terre aspettan la battaglia.
Gan di Pontier, che n’ebbe intelligenza,
Chè del tutto Vertunno lo ragguaglia,
Con lieto cor, ma con dolente viso,
Fu il primo che ne diede a Carlo avviso.
53 Gano gli diede avviso, e poi che ’l varco,
Come bramato avea, vide patente1
Di potersi cacciare a dire2 incarco
Ed ignominia del nemico absente,
Sciolse la crudel lingua, e non fu parco
A mandar fuor ciò che gli venne in mente:
Dei falli di Rinaldo, poi che nacque,
Che fece o potè far, nessuno tacque.
54 Come si arrôta3 e non ritrova loco
Nè in ciel nè in terra un’agitata polve;
Come nel vase acqua che bolle al foco,
Di qua di là, di su di giù si volve:
Così il pensier gira di Carlo, e poco
In questa parte o in quella si risolve.
Provvisïon già fatta nulla giova;
Tutta lasciar conviensi, e rifar nuova.
55 Se padre a cui sempre giocondo e bello
Fu di mostrarsi al suo figliuol benigno,
Se lo vedesse in contra alzar coltello,
Fatto senza cagione empio e maligno;