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canto terzo. 59

Per crudeltà non pensa nè avarizia
Ch’abbi raccolto qui tanta milizia;

7 Nè che tu metta il fin di tua vittoria
In avergli la vita o il stato tolto,
Ma solo in aver vinto; chè tal gloria
Più che sua morte o che ’l suo aver val molto,
Acciò che il nome tuo nella memoria
Del mondo viva e mai non sia sepolto:
Che contra ogni ragion saresti degno,
Come tu sei, se fessi altro disegno.

8 Ma tu non guardi forse, che l’effetto
Tutto contrario appar a quel che brami:
Tu brami d’esser glorioso detto,
E coll’effetto tuttavia t’infami.
Che tu sia entrato nel nostro distretto
Con cento mille armati, gloria chiami;
Ma quanto ella sia grande estimar dêi,
Che noi siamo a fatica un contra sei.

9 Miliziade e Temistocle converse
A parlare in suo onor tutte le genti,
Perchè con pochi armati, questi Xerse,
Quel vinse Dario, in terra, in mar possenti.
Vincer pochi con molti, mai tenerse
Non sentisti fra l’opere eccellenti.
Se in te è valor, pon giù il vantaggio, e poi
Vieni alla prova, e vincine, se puoi.

10 Da solo a sol la pugna t’offerisce,
Da dieci a dieci, o vuoi da cento a cento,
Il mio signor; e accresce e minuisce,
Secondo che accettar tu sei contento:
Con patto, che se Dio lui favorisce,
Sì che tu resti o vinto o preso o spento,
Che tu gli abbi a rifar e danni e spese,
E tornar col tuo campo in tuo paese;

11 Nè chi la Francia e chi l’Impero regge,
Fino a cento anni lo guerreggi mai:
Ma se tu vinci lui, torrà ogni legge
Che imporre a senno tuo tu gli vorrai.
Il buon pastor pon l’anima pel gregge:
Essendo tu quel re di che fama hai,
La tua persona o di pochi altri arrisca,
Acciò così gran popol non perisca. —