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58 i cinque canti.

2 Se questa voglia in buona mente cade
(Chè in buona mente ha forza anco il desire),
L’uom studia che virtù gli apra le strade,
Che sia guida e compagna al suo salire:
Ma se cade in ria mente (chè son rade
Che dir buone possiam senza mentire),
Indi aspettar calunnie, insidie e morte,
Ed ogni mal si può di peggior sorte.

3 Gano, non gli bastando che maggiore
Non avea alcuno in corte, eccetto Carlo,
Era tanto insolente, che minore
Lui vorría ancora, e avea disio di farlo;
Ed or che soprannatural favore
Si sentia da colei che potea darlo,
Oltra il desire, avea speme e disegno
Fra pochi giorni d’occupargli il regno.

4 E pur che fosse il suo desir successo,
Non saria dal fellon, senza rispetto1
Che tra li primi suoi baroni messo
Carlo l’avea di luogo infimo e abbietto,
Stato ferro nè tosco pretermesso,
Nè scellerato alcun fatto nè detto;
E mille al giorno, non che un tradimento,
Ordito avría per conseguir suo intento.

5 Carlo tutto il successo della guerra
Narrò senza sospetto al Maganzese,
E gli mostrò che avría in poter la terra
Prima che a mezzo ancor fosse quel mese.
Questo nel petto il traditor non serra,
Ma tosto a Cardoran lo fa palese;
E per un suo gli manda a dar consiglio,
Come possa schifar tanto periglio.

6 Da quella volpe il re boemme instrutto,
Mandò un araldo in campo l’altro giorno,
Che così disse a Carlo, essendo tutto
Corso ad udir il popolo d’intorno:
— Il mio signor, dalla tua fama indutto,
O imperador d’ogni virtute adorno,


  1. Senza aver riguardo, senza rammentarsi. Poniamo questa poco necessaria spiegazione a giustificarci dall’aver tolto via la parentesi cominciata innanzi a queste parole e finita dopo abbietto, dai precedenti editori.