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46 i cinque canti.

Vuo’ dir ch’ambi eran nati d’una madre;
Ma l’un Milon, l’altro avea Gano padre.

79 II Maganzese, poichè di costui
Attentamente ebbe il parlare inteso,
Di liberare il signor suo, e per lui
Dargli il figliuol del re nimico preso;
Non lasciò che parlasse al Conte, in cui
Di virtù vera era un disio sì acceso,
Che di ciò non saría stato contento,
Che aver gli parría odor di tradimento.

80 E dubitava non facesse Orlando
Quel che Fabrizio e che Camil già fêro,
Che l’uno a Pirro, e l’altro già assediando
Falisci, in mano i traditor lor diero.
Finse voler la notte occupar (quando
La strada avea imparata) un poggio altiero
Che si vedea all’incontro oltre la valle,
E i nimici assalir dietro alle spalle.

81 Con volontà d’Orlando, in sulla sera
Baldovin se ne va con buona scòrta
De’ cavalieri armati alla leggiera,
E un fante ognun di lor dietro si porta.
La luna in mezzo il ciel, che ritonda era,
Vien lor mostrando ogni via dritta e torta:
Appresso a terza, si trovâr dal loco
Dove s’hanno a condur, lontani poco.

82 Si fermâr quivi, e ricrearo alquanto
Sè coi cavalli in un’occulta piaggia;
Chè seco vettovaglia aveano quanto
Bastar potea per quella via selvaggia.
Il vecchio corre alla sua donna intanto,
E le divisa ciò ch’ordinato aggia.
A Villafranca Penticon rimena
Il suo desio, che ’l giorno spunta a pena.

83 La donna, che dal dì che le fu tolto
Il suo marito, andò sempre negletta;
Questo, che spera di vederlo sciolto,
E far d’ogni sua ingiuria alta vendetta,
Ritrova i panni allegri, e il crine e ’l volto,
Quanto più sa, per più piacer rassetta;
E fe quel dì, quel che non fe più innante,
Grata accoglienza al poco cauto amante.