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44 i cinque canti.

Otton suo amico, intendere vorrebbe:
L’uom che pur dianzi con ragione amava,
Contra ragione or mortalmente odiava.

69 Nè può d’un mutamento così iniquo
Render la causa o far scusa migliore,
Che attribuirlo all’ordine che, obliquo
Da tutti gli umani ordini, usa amore;
Di cui per legge e per costume antiquo
Gli effetti son d’ogni altro esempio fuore.
Non potea Penticone al disio folle
Far resistenza; o se potea, non volle.

70 E lasciandosi tutto in preda a quello,
Senza altra scusa e senza altro rispetto,
Cominciò a frequentar tanto il castello,
Che a tutto il mondo dar potea sospetto:
Indi fatto più audace, col più bello
Modo che seppe, a palesarle il petto,
A pregar, a promettere, a venire
A’ mezzi onde aver speri il suo disire.

71 La bella donna, che non men pudica
Era che bella, e non men saggia e accorta,
Prima che farsi oltre il dovere amica
Di sì importuno amante, esser vuol morta.
Ma quegli, avvegna ch’ella sempre dica
Di non voler, però non si sconforta;
Ed è disposto di far altre prove,
Quando il pregar e proferir non giove.

72 Ella conosce ben di non potere
Mantener lungamente la contesa;
E stando quivi, se non vuol cadere,
Non può, se non da morte, esser difesa.
Ma questa suol, fra l’aspre, orride e fiere
Condizïon, per ultima esser presa:
Quindi, prima fuggir, e perder prima
Ciò che altro ha al mondo, che l’onor, fa stima.

73 Ma dove può ella andar, ch’ogni cittade
Che tra il mar, l’Alpi e l’Apennino siede,
Del padre dell’amante è in potestade,
Nè sicuro per lei luogo ci vede?
Passar l’Alpi non può, ch’ivi le strade
Chiude la gente, chi a caval, chi a piede:
Non ha il destrier che fe alle Muse il fonte,