Pagina:Ariosto-Op.minori.1-(1857).djvu/57

28 i cinque canti.

Segretamente, e in abito di Egitto.
Dal calife per Gano conosciuto,
Chè molte volte innanzi s’avean scritto,
Fu di carezze sì pieno e d’onore,
Che ne scoppiò quasi il ventoso core.

107 In questo mezzo che l’Invidia ascosa
Il traditor rodea di ch’io vi parlo,
Come l’altrui bontà fu da lui rosa,
Chè poco dianzi il simigliava a un tarlo;1
Ira, odio, sdegno, amor facea angosciosa
Alcina, e un fier disio di strugger Carlo;
E quanto più credea di farlo in breve,
Tant’ogn’indugio le parea più greve.

108 Il conte di Pontier le avea narrato,
Che prima che di Francia si partisse,
Da lui fu Desiderio confortato,
Per ambasciate a lettere che scrisse,
Che con Tedeschi ed Ungheri da un lato,
Che facil fôra che a sue genti unisse,
Saltasse in Francia; e che Marsilio ispano
Saltar faría dall’altro, e l’Aquitano.

109 E che quel glien’avea dato speranza;
Poi venía lento a metterla in effetto,
O che tema di Carlo la possanza,
O sia mal di sua lega il nodo stretto.
Alcina che si muor di desïanza
Di pôr Francia e l’imperio in male assetto,
Adopra ogni saper, ogni suo ingegno,
Per dar colore a così bel disegno.

110 Ed è bisogno al fin ch’ella ritrovi,
Per far mover di passo il Longobardo,
Sproni che sieno aguzzi più che chiovi;
Tanto le pare a questa impresa tardo!
E come fece far disegni nôvi
Dianzi l’Invidia a quel cochin pagliardo;2
Così spera trovar un’altra peste
Che ’l pigro re della sua inerzia deste.

  1. Nella st. 37, v. 3.
  2. Voci francesi. Coquin paillard» furfante libertino. (Molini.) — Parla il poeta di Gano franzese co’ termini della sua nazione. — (Barotti.)