Che d’anime dannate a perdizione
Alla via di Cocito andasse carca.
Altri diceano, d’altra opinïone:
— Questa è la santa nave ch’al ciel varca,
Che Pietro tôl da Roma, acciò nell’onde
Di stupri e simoníe non si profonde. —
92 Ed altra cosa altri dicean dal vero
Molto diversa e senza fin rimota.
Passava intanto il navilio leggiero
Per la contrada a’ nostri poco nota,
Fra l’India avendo e Tartaria il sentiero,
Quella di città piena e questa vôta,
Finchè fu sopra la bella marina
Ch’ondeggia intorno all’isola d’Alcina.
93 Nella città d’Alcina, nel palagio,
Dentro alle logge la donzella pose
La nave, e tutti li prigioni ad agio,
E l’ambasciata di Gloricia espose.
Nei ceppi, come stavano, a disagio
Alcina in una torre al sole ascose
I Maganzesi, avendo riferite
Del dono a chi ’l donò grazie infinite.
94 La sera fuor di carcere poi Gano
Fe a sè condurre, e a ragionar il messe
Dello stato di Francia e del romano,
Di quel che Orlando e che Ruggier facesse.
Ebbe l’astuto Conte chiaro e piano
Quanto la donna Carlo in odio avesse,
Ruggiero, Orlando e gli altri; e tosto prese
L’util partito, ed a salvarsi attese.
95 — S’aver, donna, volete ognun nemico,
Disse, che della corte sia di Carlo,
Me in odio avrete ancora, chè ’l mio antico
Seggio è tra’ Franchi e non potrei negarlo;
Ma se più tosto odiate chi gli è amico
E di sua volontà vuol seguitarlo,
Me non avrete in odio, ch’io non l’amo,
Ma il danno e biasmo suo più di voi bramo.
96 E s’ebbe alcun mai da bramar vendetta
Di tiranno che gli abbia fatto oltraggio,
Bramar di Carlo e di tutta sua setta
Vendetta innanzi a tutti i sudditi aggio;