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22 i cinque canti.


76 Gano, che di natura era bramoso
Di cose nove, e dal bisogno astretto
(Che già tutto il biscotto aveano roso),
De’ suoi compagni avendo alcuno eletto,
Si mise a camminar pel bosco ombroso,
Tra via prendendo d’ascoltar diletto
Da’ rugiadosi rami d’arbuscelli
Il piacevol cantar de’ vaghi augelli.

77 Tosto ch’egli dal mar si pose in via,
E fu scoperto dal luogo eminente,
Diversa e soavissima armonia
Dall’alta casa infino al lito sente:
Non molto va, che bella compagnia
Trova di donne, e dietro alcun sergente
Che palafreni vôti avean con loro,
Guarniti altri di seta ed altri d’oro;

78 Che con cortesi e belli inviti fenno
Gano salir, e chi venía con lui.
Con pochi passi fine alla via denno
Le donne e i cavalieri, a dui a dui.
L’oro di Creso, l’artificio e ’l senno
D’Alberto, di Bramante o di Vitrui,1
Non potrebbono far, con tutto l’agio
Di dugent’anni, un così bel palagio.

79 E dai demonî tutto in una notte
Lo fece far Gloricia incantatrice,
Ch’avea l’esempio nelle idee incorrotte2
D’un che Vulcano aver fatto si dice;
Del qual restaro poi le mura rotte
Quel dì che Lenno fu dalla radice
Svelta, e gettata con Cipro e con Delo
Dai figli della terra incontra il cielo.

80 Tenea Gloricia splendida e gran corte,
Non men ricca d’Alcina o di Morgana;
Nè men d’esse era dotta in ogni sorte
D’incantamenti inusitata e strana;
Ma non, com’esse, pertinace e forte
Nell’altrui ’ngiurie, anzi cortese e umana,


  1. Leon Battista Alberti, il Bramante e Vitruvio, tre celebri architetti. — (Molini.)
  2. Eterne, incommutabili, perchè formate, secondo i Platonici, nella mente stessa di Dio.