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canzoni. 467

Cara vie più che l’alma agli occhi miei. —
     45Così dico io. Ella allor, tutta lieta,
Risponde sospirando:
— Deh non t’incresca amar, Selvaggio mio;
Chè, poi ch’in cetra e ’n sampogna sonando,
Vincesti il capro al natal di Dameta,
50Onde Montan di duol quasi morio,
Tosto n’andrà ’l quarto anno,
S’al contar non m’inganno
(Pensa qual eri tu, qual era anch’io),
Tanto caro mi siei,1 che men gradita
55M’è di te l’alma e la mia propria vita. —
     Amor, poichè si tace la mia donna,
Quivi, senza arco e strali,
Sceso per confermare il dolce affetto,
Le vola intorno e salta aprendo l’ali.
60Vago or riluce in la candida gonna,
Or tra’ bei crini, or sovra ’l casto petto,
D’un diletto gentile,
Cui presso ogni altro è vile,
N’empie scherzando ignudo e pargoletto:
65Indi tacitamente meco ascolta
Lei, ch’ha la lingua in tai note già sciolta:
     — Tirsi ed Elpin, pastori audaci e forti,
E d’età giovanetti,
Ambi leggiadri e belli senza menda;
70Tirsi d’armenti, Elpin d’agni e capretti
Pastor, co’ capei biondi ambi e ritorti
Ed ambi pronti a cantar a vicenda;
Sprezzano ogni fatica
Per farmi loro amica:
75Ma nullo fia2 che del suo amor m’incenda;
Ch’io, Selvaggio, per te curería poco
Non Tirsi o Elpino, ma Narciso e Croco.3
     — E me, rispond’io, Nisa ancor ritrova


    erba e fiori. — Poss’io morir, se di mille colori — Non sentíi farmi tutto quanto allora;» — è il principio di un sonetto pastorale assai celare di Benedetto Varchi.

  1. Altro fiorentinismo.
  2. Il Molini ed altri leggevano: sia.
  3. Parrebbe detto enigmaticamente per significare: argento ed oro. Se non che in altro sonetto, pur boschereccio, del Varchi (ediz. del 1576) s’incontrano questi nomi medesimi: «Adon, Croco, Narcisso, Ila e Iacinto.»