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462 | canzoni. |
Pendono i suoi costumi;
Tal che, scesa qua giù dal paradiso
25A tempo iniquo ed empio,
Fa di sè stessa a sè medesma esempio.
Quando che agli occhi miei
Prima costei s’offerse,
Come stella ch’appare a mezzo ’l giorno;
30Stupido allor mi fêi,
Perchè la vista scêrse
Cosa qua giù da fare il cielo adorno.
Benedetto il soggiorno
Ch’io faccio in questa vita;
35Ove, s’ebbi mai noja,
Tutto è converso in gioja,
Vedendo al mondo una beltà compita;
Nella quale io comprendo
Quell’alme grazie che nel cielo attendo.
40Poi che quell’armonia
Giù nel mio cor discese,
Ch’uscío fra ’l mezzo di coralli e perle;
Entro l’anima mia
Il suon così s’apprese
45Di quelle note, che mi par vederle,
Non che in l’orecchie averle.
O fortunato padre,
Che seminò tal frutto;
E tu che l’hai produtto,
50Beata al mondo sopra ogn’altra madre;
E più beata assai,
Se quel ch’io scorgo in lei veder potrai!
Ancor dirò più innante,
Pur ch’e’ mi sia creduto:
55Ma chi nol crede possa il ver sentire.
Sotto le care piante
Più volte ho già veduto
L’erba lasciva1 a prova indi fiorire:
Vist’ho, dove il ferire
60De’ suoi begli occhi arriva,
In valle, piaggia o colle
Rider l’erbetta molle,
- ↑ Parola di senso, sovra più altre, variabile. Qui per Rigoglioso di vegetazione.