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434 | rinaldo ardito. |
Con misterio e ragion molto importante;
Chè minore è del papa, ma maggiore
D’ogni altro al mondo è poi l’imperatore.
48 Armato stava in abito pomposo
Re Carlo allora* 1 riccamente adorno,
E sembrò in vista degno e glorïoso
Re de’ Romani e imperator quel giorno;
Parlando insieme, e ognun di lor giojoso,
Del danno de’ Pagani e di lor scorno,
Della vittoria da re Carlo avuta;* 2
Chè sempre Cristo chi in lui spera ajuta.
49 Dopo seguíano insieme i cardinali,
Adorni d’armi per la Fè di Cristo;
Non, come a questa età, per strazi e mali
D’innocenti signori1 e ingordo acquisto;
Per scacciar di lor terre i naturali
Signori, a fin d’uno appetito tristo:
Seguían il papa; e dopo, un capitano,
Quale era vicesenator romano.
50 Era di Orlando2 quel locotenente,
Che era in quel tempo roman senatore;
E lassava in sua vece, essendo assente,
Un patrizio roman di gran valore,
Il qual guidava tutta la sua gente:
Giovene ardito e di animoso cuore,
Di quella proprio illustre nazïone,* 3
Che era il suo nome eccelso Scipïone.* 4
51 Vinti milia e seicento avea costui
Sotto il stendardo della santa Chiesa,
Che tutti andavan volontier con lui
Per scudo della Fede e sua difesa;
E non per usurpar stato d’altrui,
Ma contra l’infedeli è loro impresa.
- ↑ I primi editori credettero qui alludersi all’impresa di Leone X contro il duca d’Urbino nel 1517. Noi pensiamo che vi si accenni alle guerre e alle difficoltà mosse in tempi diversi da tre diversi pontefici contro lo stesso duca di Ferrara; come nella precedente stanza XL, e nella susseguente LI.
- ↑ In tutti i romanzi e poemi di cavalleria, Orlando è chiamato senator romano. — (A.-G.)