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canto quarto. 431

E d’ogni sorte* 1 ch’ai divin servigi
S’usano paramenti ricamati;
Belle pianete1 e adomi pivïali,
Con reliquie, con calici e messali.* 2

36 Intanto ecco trombette e tamburini
Mandare insino al cielo orribil suono:
Carlo l’udiva e tutti i paladini,
E quanti giunti dove è Carlo sono;
E udendo par che ognor più s’avvicini
Dove era Carlo il spaventevol tuono;
Quando a lui giunse2 un altro messaggiero,
Qual disse che vicino era Gualtiero;

37 Qual conduceva genti italïane
In ajuto di Carlo e del suo regno;
Genti fedeli, e tutte cristïane,
Che hanno Macone e chi l’adora a sdegno;
E che dipoi seguivan le romane
Genti, dove era Leon papa degno.
Possibil non fu allora che restasse
Carlo, sì allegro fu, che non gridasse.

38 Con gravità però Carlo gridava:
— Viva la buona gente italïana; —
— Italia, — dopo lui, ciascun* 3 chiamava;
— Viva l’Italia e la gente romana3
L’Italïani ogni baron lodava,
Che ora è stimata gente ignava e strana;
Barbari soli son che or prove fanno,
Nè Italïani ormai più credito hanno.4

39 Già tutto il mondo dominâr Romani;
E chi fusse Lucullo e il gran Pompeo,
Li Asïatici il sanno e li Affricani,


  1. L’autografo: pianede; come già Fada, che non mutammo, trovandolo ancora immedesimato colla rima.
  2. Il MS., in questa ottava: odiva e odendo, gionti e gionse. E così in altri luoghi.
  3. Il ricordo della virgiliana esclamazione, e l’ingenua caldezza giovanile, chiari appariscono, chi ben consideri, in questo sfogo d’affetto verso la patria comune.
  4. In questo lamento della perduta reputazione degl’Italiani, l’autore del Rinaldo consuona alle cose discorse dal Machiavelli in più e diversi luoghi dell’Arte della guerra.
  1. * Di tutte sorte.
  2. * Rellique sante e in man ricci messali.
  3. * E dopo lui ognun forte chiamava — Italia, Italia.