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426 | rinaldo ardito. |
Sonan le trombe, e son chiamato in Franza.
14 Già son vicini l’uno e l’altro campo,
Come, signor, vi dissi in l’altro canto:
Di assalirse ciascun menava vampo,
E già incresce a ciascuno il tardar tanto:
E come il ciel della tempesta il lampo
Manda per segno, così Uggiero il guanto
Mandò in segno di guerra allo inimico;
Ma quel lo accetta, e non lo estima un fico.
15 La schier’ dell’avanguardia era innante;
Già per tutto di trombe il suon si odea:
Da un lato Uggier, da l’altro Balugante,
Al combatter con pregii1 ognun movea:
Or viene Artiro e Salomone aitante
L’un contra l’altro, come si solea
Ciombattere in quel tempo a schiera a schiera,
E sempre il capo il primo a ferir era.
16 Percosse Artiro il franco Salomone
Al scudo, e del destrier lo stese in groppa;
Ma alla visiera il cristian barone
L’inimico pagan con l’asta intoppa,
E la schiena2 piegar lo fe allo arcione,
Tal che fu di cader più volte in forse:3
Ma l’uno e l’altro immantinente sorse,
E a ferirse col brando a furia corse.
17 Tra costor cominciòssi allor gran zuffa,
E mescolòssi l’una e l’altra schiera:
Crebbe in instante la mortal baruffa,
Chè l’una e l’altra gente è ardita e fiera;
E questo quello, e quel questo ribuffa;
Alcun non è che non combatta e fêra:
Come prima d’un fuoco talora esce
Un vampo, e un tratto poi súbito cresce.
18 Artiro e Salomon fan mortal guerra,
E quello a questo il forte elmo martella:
Al primo colpo il gran cimier gli atterra,