Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
canto quarto. | 425 |
Con canti, con fioretti e con odori:
Ciascun l’onora, reverisce e loda,
E par che del suo ben gioisca e goda.
9 Poi che fu da ciascun tanto onorato,
Da ogni schiera d’amanti in suo ben mossa,
Da Vener fu il baron licenzïato,
Che ad ogni suo piacer partir si possa;
E il partire al baron fu molto grato,
Desideroso di mostrar sua possa
Fra li erranti baroni, e a tempo e loco
Goder felice in amoroso giôco.
10 Accompagnato fu per via secreta
Dalla nudata ninfa a lui compagna;
E pose quella a accompagnarlo mêta,
Poi che condutto l’ebbe alla campagna;
Ch’ora è spaziosa e di verdura lieta,
Nè della Fada più si duole e lagna:
Più il palazzo non vi è, ma il fiume, il quale
Per fatagion non fu, ma naturale.
11 La ninfa allor da lui prese licenza,
Con riverente cura e bel sembiante:
Così il baron da lei fece partenza,
Sperando a tempo esser felice amante;
E come cavalier di gran coscienza,
Ringrazïò Macon di grazie tante;
E fece voto, d’ogni menda netto,
Andar dove sepulto è Macometto.
12 E prima che d’Amor mai cerchi frutto,
Nè di Venere assalti impresa alcuna,
Rivolse al suo Macon l’animo tutto,
Poi che difeso l’ha da tal fortuna;
Chè quando in l’acqua al fondo fu condutto,
Pensò non veder mai più sole o luna,
E stimòssi, cadendo, al tutto morto;
Or ne ringraziò Dio, poi che gli è sorto.
13 Così verso la Persia il cavaliero
Va armato a piedi, e non si mostra lasso;
Che, se vi è in mente, già quel suo destriero
Dentro al palagio si converse in sasso:
Di replicarlo più non fa mestiero,
Ma vada Ferraù, che quivi io il lasso:
Di andare adagio assai tempo gli avanza;
36° |